Koala

Oggi sono riuscito a passare da risate a pianto disperato nel giro di pochi secondi, per una semplice gif animata che mi ha inviato un mio carissimo amico su Whatsapp.

E vi chiederete: “ma che cazzo di gif ti ha inviato?”

Preparatevi a ridere: una gif di un koala appeso ad un polpaccio di qualcuno.

Il motivo dell’invio di questa gif è stato perché stavamo parlando di uno stratobbbono che avevo appena visto in palestra, e quella era la reazione del mio amico all’idea di trovarselo davanti.

Raccontata così, come del resto l’ha interpretata anche lui, ci sta e fa pure ridere. No?
Certo che sì.

E io invece ho ricollegato immediatamente quella gif a quella che mi inviava il mio (ora) ex, quando non ci vedevamo da tempo e mi diceva che sarebbe stato così con me tutto il tempo.

Non sono qui a scrivere di come mi possa sentire, di cosa abbia scatenato quella gif, perché non serve un premio Nobel per capirlo.

Mi sono sentito di scrivere questo post per farvi riflettere su come anche una minima azione totalmente ingenua, divertente, fatta pure con uno scopo assolutamente amichevole, anzi, forse anche per cheer you up, ecco che nella mente dell’altra persona potrebbe avere un effetto totalmente diverso, addirittura opposto come è accaduto a me stamattina.

Chiaramente non ho detto nulla al mio amico, e ho risposto con un “hahahahah”, ma mi ha fatto pensare. Mi ha fatto pensare a quante volte ci siamo trovati in situazioni dove si fa qualcosa in buona fede, con le migliori intenzioni del mondo, e l’altra persona reagisce male o “non coglie”.
Ecco, magari l’altra persona ha avuto la stessa o simile reazione che ho avuto io. Io fortunatamente ero in casa da solo. Se fossi stato di fronte al mio amico, per quanto potessi provare a nascondere la coltellata, sicuro se ne sarebbe accorto. Si sarebbe chiesto “che cazzo ho fatto” e probabilmente mi avrebbe fatto la domanda, amplificando ancora di più il dolore, o se lo sarebbe tenuto per sé, sentendosi di aver fatto qualcosa sbagliato senza capirne il movito.

Le relazioni sono piene di queste cose.
Anche la mia lo era.
E sì, credo che, anche qui, la famosa comunicazione è davvero la chiave.

Tornando all’esempio con il mio amico, forse lo scenario dove lui mi fa la domanda (o alternativo dove io proattivamente gli dico cosa mi sta passando), avrebbe tolto dubbi e la cosa si sarebbe in un qualche modo risolta.

Ora sto letteralmente pensando se valga la pena di dirglielo. Ma sapete perché? Non vorrei la riutilizzasse heheh. Magari mentre sono al lavoro, o durante un’uscita…

Però, sempre pensandoci meglio or ora – tutto questo che sto scrivendo è live, penso e scrivo, più che usare la tecnica-paracetamolo, ossia, qualcosa che tolga il sintomo (evitare che riappaia la gif), potrebbe essere più saggio e più sano guardare la gif, guardarla bene, e darle il significato per la quale mi è stata inviata. Immaginare il mio amico vestito da koala aggrappato al sanazzo di stamanttina.

Ecco, sto già sorridendo mentre lo scrivo.
E ho deciso, sì, farò così. Usiamo la tecnica-cura-causa che ha sicuramente un effetto più a lungo periodo. Tra l’altro trovo ingiusto chiedere a chi ho attorno di limitare il loro modo di esprimersi perché hanno modi di dire/fare simili all’ex. Anzi, sfruttiamo queste situazioni per dare il giusto valore a questi messaggi, metterli nel contesto giusto, e togliere quella sacralità che non ha più senso.

Bene, W il mio amico travestito da koala aggrappato a quel pezzo di manzo di stamattina.

Amen.

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